
Lo spopolamento nei comuni: un fenomeno epocale
di Simone Valle
Quando si parla di dinamiche demografiche interne al nostro Paese, il primo fenomeno a cui si pensa è lo spopolamento di alcune aree.
In Figura 1, a sinistra, sono evidenziati i mille comuni maggiormente spopolatisi nel periodo 1991-2019: i comuni in forte spopolamento negli ultimi 30 anni sono per la maggior parte al Sud e sulle Isole, ed in generale nelle cosiddette aree interne – che sulla penisola corrispondono alle zone sugli Appennini -, mentre al Nord si concentrano sull’Appennino tosco-emiliano e sulla catena alpina al confine con gli altri Stati.
D’altro canto, nello stesso periodo alcune aree hanno registrato un aumento sostanziale della popolazione residente. Come si può vedere in Figura 1, pannello di destra, i comuni in che si son maggiormente popolati si concentrano a ridosso delle metropoli (Roma, Milano e, in misura minore,
Napoli e Palermo) e nelle aree più produttive (Emilia e Veneto), con qualche eccezione lungo le coste, sia sulla penisola che sulle Isole.
Figura 1

Nota: Le mappe evidenziano i mille comuni che hanno registrato rispettivamente le peggiori e le migliori variazioni percentuali della popolazione residente nel periodo 1991-2019. Le cinque categorie in entrambe le mappe sono basate sui quintili delle diverse distribuzioni di dati. Fonte: dati ISTAT su popolazione residente nei comuni italiani.
Possiamo studiare separatamente i vari decenni dell’arco temporale per cui sono disponibili i dati. Confrontando le cartine riportate in Figura 2, si nota chiaramente come il decennio 2001-2011 sia stato tra i tre quello che ha visto il maggior numero di comuni crescere ad un tasso superiore all’1,5%. La crescita tra i decenni 1991-2011 e 2001-2011 non è però proseguita nel 2011-2019, periodo in cui molte aree hanno registrato un rallentamento della crescita rispetto agli anni precedenti o addirittura una crescita negativa. A vivere quest’inversione di tendenza sono state soprattutto le regioni del Nord e del Centro Italia, con la Pianura Padana, il Trentino-Alto Adige e la provincia di Roma che, pur su valori decisamente inferiori, hanno mantenuto saldi positivi, mentre regioni come Marche e Umbria hanno assistito ad un vero e proprio declino. Non particolarmente interessati da queste dinamiche il Sud Italia e le Isole, che, fatta eccezione per alcune località costiere e grandi città, riportano valori attorno allo zero o negativi in tutti i periodi. Le cause di questo andamento sono complesse, ma un punto di partenza – suggerito dal forte spopolamento delle aree più povere – potrebbe essere capire la correlazione tra l’andamento del reddito e lo spopolamento (si veda sezione successiva).

Nota: Le mappe rappresentano il tasso di variazione medio annuo della popolazione residente nei comuni italiani rispettivamente nei periodi 1991-2001, 2001-2011 e 2011-2019. I valori su cui si basano le scale cromatiche nelle tre mappe non rappresentano quantili delle distribuzioni di dati, bensì sono stati fissati per esigenze di comparazione. In tutte i decenni considerati, il tasso di variazione medio annuo è compreso tra -10% e +10%. Fonte: dati ISTAT su popolazione residente nei comuni italiani.
L’analisi a livello sub-regionale fornisce ulteriore evidenza di quanto già osservato guardando alla cartina completa nelle pagine precedenti, ma mette in luce alcune peculiarità. Zoomando su Piemonte e Liguria (Figura 3, pannello a sinistra) balza all’occhio l’importante crescita della cerchia di comuni situati intorno al Torino, città che, al contrario, ha registrato un calo degli abitanti nell’ultimo trentennio. Saldi positivi si registrano inoltre nelle province di Cuneo e di Novara, in particolare nella striscia di comuni al confine con la Lombardia, che hanno presumibilmente goduto della vicinanza a Milano. Sembra restare indietro la zona del Monferrato, che nonostante la posizione centrale in quello che fu il Triangolo Industriale italiano, chiude il trentennio in pareggio o leggero calo. Calo che ha invece segnato Genova e gran parte dei comuni montani, sia sull’Appennino ligure che sulla catena alpina. Fanno eccezione alcune rinomate località turistiche, tra cui Sestriere e Bardonecchia.
Figura 3

Nota: Le mappe rappresentano il tasso di variazione medio annuo della popolazione residente nei comuni italiani nelle tre aree indicate. Le cinque categorie in ciascuna mappa sono basate sui quintili delle diverse distribuzioni di dati. Fonte: dati ISTAT su popolazione residente nei comuni italiani.
Una situazione simile appare considerando Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna (Figura 3, pannello centrale). Anche in questo caso, al calo della popolazione residente nei capoluoghi di provincia (si vedano Milano, Brescia, Verona, Padova e Modena, solo per citare i casi più evidenti dalla cartina) è coinciso un aumento nei comuni limitrofi, il più delle volte in un ordine superiore al 30 per cento sul trentennio. Quello che più risalta da questa cartina è come la crescita della popolazione si concentri essenzialmente su due assi, il primo corrispondente al percorso dell’autostrada A4 ed il secondo alla via Emilia. Nel mezzo, lungo il Po, su Alpi e Appennini, la dinamica di spopolamento è invece chiara, con picchi -60%. Qualche eccezione per alcune aree turistiche, come Rimini e Livigno, ma bisogna notare come in altre – Venezia e Cortina d’Ampezzo su tutte – il saldo sia fortemente negativo.
Nell’ultima cartina (Figura 3, pannello di destra) relativa a Lazio e Campania, si ritrovano nuovamente i trend individuati in precedenza. Il contestuale spopolamento della città e popolamento della periferia raggiunge nel caso di Roma e la stessa dinamica, pur in maniera meno eclatante, si presenta nei principali centri campani, ovvero Napoli e Salerno. Più in generale, il contrasto si ha, in questo caso, tra zone costiere e aree interne, con le prime che registrano i risultati migliori (si veda, ad esempio, l’Agro Pontino) e le seconde i peggiori (rietino e Irpina su tutte).
Un ultimo tipo di analisi si concentra esclusivamente sulle città. L’andamento della popolazione nelle tre maggiori città di ciascuna macro-area (Figura 4) conferma quanto già osservato in precedenza, ovvero che nel trentennio di riferimento i principali poli hanno registrato complessivamente un calo dei residenti, il che è andato a favore dei comuni limitrofi.
Figura 4

Nota: I grafici riportano le serie storiche della popolazione residente nelle tre maggiori città (in termini di popolazione residente nel 2019) di ciascuna area geografica (Nord, Centro, Sud Italia). La popolazione residente nel 1991 è stata posta uguale a 100. Fonte: dati ISTAT su popolazione residente nei comuni italiani.
L’unica realtà tra le nove riportate a segnare un saldo positivo è Prato, che si è affermata come terza città del Centro Italia grazie all’importante afflusso di stranieri -in particolare cinesi- legati all’industria tessile. Tra le altre metropoli, tuttavia, è importante distinguere il caso di Milano: il capoluogo lombardo è infatti l’unico comune che, pur chiudendo il trentennio in negativo, è riuscito ad invertire il trend in maniera netta nel 2010, soprattutto in termini di saldo migratorio, e tornare a crescere a ritmi sostenuti.