
Il reddito nei comuni: lo spartiacque della crisi, i divari che permangono, e alcune “macchie”
di Francesco Filippucci e Arianna Gatta
Un indicatore adatto a misurare la crescita economica di una comunità è la crescita del reddito reale pro-capite, che corrispondde alla variazione dei redditi IRPEF totali dichiarati in ogni singolo comune, diviso il numero di dichiaranti e corretto per l’inflazione.
Questo dato ci racconta in un numero come è migliorato o peggiorato il reddito di ogni cittadino in termini reali, ossia di effettivo potere di acquisto.
Come prima cosa, divideremo il periodo di interesse in due: come evidenziato dai due grafici sottostanti, che descrivono la variazione del reddito pro-capite al netto dell’inflazione tra il 2000 e il 2008 e tra il 2009 e il 2017. Dal grafico si evince come, la crisi del 2008 è uno spartiacque nell’andamento del reddito medio per ogni abitante nei comuni italiani. Si noti che i grafici riportano la variazione del reddito pro-capite al netto dell’inflazione nei due periodi, con scale di colore che sono costanti nelle due mappe, e si basano sulla distribuzione dei redditi in entrambi i periodi: in questo modo, possiamo ben vedere come si passi da una mappa colorata principalmente di verde ad una principalmente giallo-rossa, che testimonia le difficoltà economiche maggiori nel periodo 2009-2017.

Nei primi 8 anni del nuovo millennio, i comuni italiani hanno visto il proprio reddito crescere nella maggior parte dei casi (mappa a sinistra nella Figura 1), eccezion fatta per alcuni casi molto isolati (presumibilmente dovuti a problemi di dati) e per alcuni cluster più significativi: ad esempio, la bassa crescita dell’area Nord della provincia di Torino e Biella o dell’area cosentina della Calabria.
Dalla crisi in poi, il disegno cambia radicalmente: nella maggior parte dei comuni, il reddito guadagnato da ogni cittadino al netto dell’inflazione è ancora minore nel 2017 rispetto al 2009. Vi sono alcune eccezioni notevoli. Al nord, le aree non costiere del Veneto e dell’Emilia-Romagna hanno una crescita comunque positiva nel periodo post-crisi. Al sud, permangono piccole aree di crescita attorno a Cassino, Melfi, Val d’Agri e l’Aquila-Avezzano (con una crescita del reddito pro-capite a volte dovuta alla diminuzione della popolazione, soprattutto nel caso di l’Aquila, vedi capitolo XX). Interessanti infine alcuni cluster in cui il reddito cala maggiormente rispetto alle aree circostanti, ad esempio l’area di Siena (presumibilmente a seguito della crisi del Monte Paschi) e l’area della Val d’Aosta. Nelle pagine successive, riportiamo alcuni zoom interessanti su queste aree.
In entrambi i periodi, bisogna in ogni caso notare due fenomeni tipici. Il primo è il divario tra Nord e Sud, che risulta evidente in entrambe le mappe anche se in termini di crescita percentuale del reddito il disegno cambia, a causa dei minori livelli di partenza dei comuni del Sud (abbiamo quindi una crescita percentuale dei redditi maggiore nel periodo 2000-2008 e una decrescita maggiore nel 2009-2017). Il secondo è una crescita dei redditi dichiarati da ogni cittadino generalmente più alta (o una decrescita meno grave) nelle grandi città, in particolare a Milano e a Roma – le due grandi “capitali” d’Italia, rispetto ai comuni delle aree circostanti.