
Chi nasce e chi migra –alle radici dello sbilancio demografico italiano
di Edoardo Magalini
Se sottraiamo alle “entrate”, ovvero nascite e arrivi da altri comuni o dall’estero, le “uscite”, cioè morti e partenze, per ogni città italiana nel 2018, la mappa finale che otteniamo è quella che ci appare nella Figura 1.
Figura 1: Saldo totale, natalità e migrazione, per migliaia di abitanti, 2018

La prima cosa che salta all’occhio è che la stragrande maggioranza dei comuni Italiani è incorsa in una diminuzione netta della popolazione (rosso scuro, rosso, arancio e giallo), con una perdita media di sei abitanti ogni mille. Il secondo messaggio è che la maggior parte dei comuni che ha avuto un aumento netto della popolazione appare essere situato soprattutto nelle regioni del Nord (specialmente Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, e Trentino-Alto Adige), mentre i casi di spopolamento più acuti si concentrano lungo la dorsale Appenninica, al centro della Basilicata, e nell’entroterra delle Isole.
Tuttavia, quanto è dovuto ad un problema di natalità, e quanto ad uno di migrazione, sia da altre aree del paese che dall’estero? Per quel che riguarda il saldo naturale, cioè la semplice differenza tra le morti e le nascite, il trend generale è negativo, e le poche aree dove la natalità più che compensa la mortalità consistono principalmente nella provincia autonoma di Bolzano, la pianura Lombardo-Veneta, la porzione di costa Tirrenica tra Roma e Napoli e le principali zone urbane di Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna (Figura 2 a sinistra). Più in generale, non appare esserci una chiara distinzione tra Nord e Sud, diversamente da quanto appariva per il saldo totale. Il messaggio è chiaro: se in termini di natalità il bilancio naturale sarebbe equilibrato nelle diverse regioni del paese, sono i flussi migratori a fare la differenza in Italia. Per quanto riguarda questi ultimi, possiamo vedere dalla Figura 2, lato destro, appare più evidente la forte distinzione tra le regioni del centro-nord, caratterizzate da una maggiore presenza di comuni “in positivo”, e quelle del sud e le isole (specialmente le aree interne), che al contrario appaiono mediamente più “in perdita”.
Figura 2: Saldo migratorio per migliaia di abitanti, 2018

Possiamo scomporre ulteriormente il saldo migratorio in saldo migratorio interno e saldo verso e dall’estero. Questo ci permette di vedere, in Figura 3, quanti di questi flussi migratori sono dovuti a individui precedentemente residenti in altri comuni italiani e quanti all’estero.
Figura 3: Confronto tra il saldo migratorio interno ed estero per migliaia di abitanti, 2018

Il confronto tra le due mappe ci permette di notare due fenomeni interessanti. Da un lato, il saldo migratorio con l’estero tende ad essere positivo per la maggior parte dei comuni e non mostra una chiara contrapposizione tra regioni settentrionali e regioni meridionali. Difatti, sia al nord che al sud esistono varie zone in cui l’immigrazione dall’estero contribuisce a lenire lo spopolamento, e altre in cui invece il fenomeno è limitato. D’altra parte, la cartina che mostra il saldo migratorio interno per migliaia di abitanti appare molto più polarizzata, con una chiara contrapposizione tra nord e sud. Quindi, dai dati pare trasparire che, mentre non c’è un particolare trend nazionale dal punto di vista del saldo migratorio con l’estero, ve ne è uno abbastanza chiara per quel che riguarda gli spostamenti interni, con un netto guadagno in termini di popolazione delle città del nord rispetto a quelle del meridione e alle aree interne.
Per concludere, è da sottolineare il fatto che, in aggiunta alle dinamiche nazionali, appaiono evidenti anche delle dinamiche più granulari e locali per cui alcuni comuni nelle aree distanti dai centri di sviluppo tendono a spopolarsi a vantaggio dei centri urbani più grandi e delle aree più dinamiche.