L’offerta di servizi nei comuni: il caso studio degli asili, e le implicazioni su natalità e occupazione femminile

di Jacopo Bassetto e Jacopo Signorelli

Due macro-temi come la natalità e l’occupazione femminile si intrecciano in uno snodo fondamentale del welfare: l’offerta di asili nido. Non più di tre bambini dagli zero ai due anni lo frequentano e il numero varia sensibilmente a seconda del comune di riferimento.

Infatti, nella Figura 1 possiamo vedere come l’offerta comunale di servizi socio educativi per l’infanzia risente in modo significativo dello iato nord-sud: le aree centro-settentrionali accolgono più bambini nelle proprie strutture (oltre il 13.33%) rispetto a quelle meridionali (in generale, tra lo 0% e il 13.33%), e una nota di merito va alla Toscana, al Trentino Alto Adige, alla Valle d’Aosta e all’Emilia Romagna, regioni più efficaci per quantità e capillarità di servizi comunali per l’infanzia. Una seconda chiave di lettura individua evidenzia come nei capoluoghi di provincia vi sia una maggiore incidenza delwelfare comunale per l’infanzia: man mano che cresce la distanza del comune dal capoluogo della rispettiva provincia, diminuisce l’offerta di asili nido e strutture complementari. Le zone alpine, per esempio, registrano valori minimi e dissimili rispetto a quelli delle limitrofe località di pianura, più vicine ai maggiori centri abitati. Sfuggono a questa dinamica la Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige e –parzialmente -il Friuli Venezia Giulia, tutte e tre regioni a statuto speciale.

Figura 1: Offerta comunale di servizi socio-educativi per la prima infanzia

Nota: Bambini di 0-2 anni che hanno usufruito dei servizi per l’infanzia offerti dai Comuni (asili nido, micro-nidi, o servizi integrativi e innovativi) / Bambini residenti di 0-2 anni * 100. Intervalli creati con metodo: clmethod(q) Fonte: Istat, Indagine censuaria sugli interventi e servizi sociali offerti dai Comuni singoli o associati. I.Stat (tramite a misura di comune). Anno: 2016

Non è un caso che l’utenza degli asili nido sia connessa all’impegno economico che gli enti comunali sostengono per offrire questo tipo di servizio. Nella Figura 38 vediamo la spesa in asili nido dei comuni nel 2015 per l’offerta di servizi ai cittadini e ricalcolata con l’ausilio delle informazioni raccolte attraverso i questionari. Emilia-Romagna, Umbria, Marche e Toscana confermano la loro posizione apicale, mentre le regioni centro-meridionali, eccezion fatta per Roma e alcune zone della Puglia, registrano valori bassi e spesso nulli (assenza di servizi erogati). Inoltre, le zone alpine investono meno fondi rispetto alle limitrofe regioni di pianura. È il caso del Piemonte, della Lombardia e del Veneto.

Figura 2 – Spesa in asili nido pro-capite, 2015

Nota: La spesa storica è l’ammontare effettivamente speso dal comune in un anno per l’offerta di servizi ai cittadini e ricalcolata con l’ausilio delle informazioni raccolte attraverso i questionari. Anno 2015. Fonte: Opencivitas

È probabile che una coppia di genitori giovani siano più bisognosi di un welfare efficiente, per esempio mediante l’offerta di asili nido. Dove si trovano queste famiglie? Nella Figura 38 a sinistra mappiamo l’incidenza delle giovani coppie nel nostro Paese. La percentuale di coppie è superiore Meridione (specie in Sicilia, Calabria, la zona costiera della Campania e la Puglia settentrionale)e nella Pianura padana, dove la percentuale oscilla tra il 10% e il 30%. La Liguria, il Venezia Giulia e una porzione significativa dell’Appenino registrano valori decisamente inferiori, sotto il 7%, talora, sotto il 5%. Un ulteriore tipo familiare probabilmente più bisognoso di un welfare efficiente nell’erogazione di servizi per l’infanzia è quello delle famiglie monoreddito, descritte nella Figura 38 a destra. Queste caratterizzano il Meridione in modo omogeneo, eccezione fatta per la Sardegna e buona parte dell’Appenino meridionale, il Lazio e molti comuni della Pianura padana. In queste zone, infatti, la percentuale varia tra il 3.45% e l’11%, mentre in molte località del Centro e del Friuli Venezia Giulia stenta a superare il 2.7% e talora si registra intorno a valori inferiori al 2%.

È interessante quindi notare come una la domanda potenzialmente piu’ elevata di servizi socio educativi per l’infanzia nel Meridione incontri un’equa offerta minore.

Figura 3 – Incidenza di giovani coppie(2011, a sinistra)  e delle famiglie con bambini in povertà (2015, a destra).

Nota: A sinistra: rapporto percentuale del numero di famiglie mononucleari (con e senza membri isolati) coppia giovane con figli (età della donna < 35 anni) sul totale famiglie delle famiglie mononucleari (con e senza membri isolati). Fonte: Istat (tramite 8000 Census). Anno: 2011. A destra: famiglie anagrafiche in cui è presente almeno un minore con meno di 6 anni ed un unico percettore di reddito /Famiglie anagrafiche monoreddito* 100. Anno: 2015. Fonte: Istat -Condizioni socio economiche delle famiglie – ARCH.I.M.E.DE (fonti amministrative integrate, tramite portale “a misura di comune”).

Per concludere, l’offerta di asili nido può certamente influire sull’offerta di lavoro femminile. Non stupisce quindi vedere a livello correlazionale che la mappa in Figura 40, che mostra la percentuale di popolazione femminile attiva, e’ in sostanza l’inverso delle precedenti. Alcune delle zone dove l’utenza degli asili nido era maggioreEmilia Romagna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Toscana – registrano valori più alti (più del 45%) anche in termini di partecipazione al lavoro delle donne. Le regioni meridionali, d’altra parte, segnano valori più bassi (spesso tra il 10 e il 32.6%, raramente più del 40%). Al nord le donne sono spesso più attive in prossimità dei grandi centri (Milano, Torino, Verona), un fenomeno presente anche a Roma.

Figura 39: Partecipazione lavoro femminile, 2011

Nota: Rapporto percentuale tra la popolazione residente femminile attiva e la popolazione residente femminile della stessa classe di età. Fonte: Istat (tramite 8000 census). Anno: 2011

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