Il lavoro sommerso in Italia

di Arianna Gatta

Cos’è il lavoro sommerso e perché è importante parlarne?
Si definisce “lavoro sommerso” l’insieme dei rapporti di lavoro non formalizzati attraverso una delle forme contrattuali previste dall’ordinamento giuridico.

Detto comunemente “lavoro nero”, questo tipo di rapporto di lavoro è basato su un accordo orale tra datore di lavoro e lavoratore. Il vantaggio che le parti ne traggono è principalmente monetario.  I redditi che derivano da un rapporto di lavoro irregolare sfuggono al controllo degli enti preposti alla riscossione delle tasse e dei contributi previdenziali, rispettivamente l’Agenzia delle Entrate e l’INPS in Italia. Gli svantaggi di questa forma di lavoro ricadono soprattutto sui lavoratori dipendenti. Non avendo un contratto di lavoro non possono beneficiare delle tutele contrattuali loro spettanti e perdono anni di contribuzione utili all’ottenimento della pensione e di altri sussidi, come quello di disoccupazione. Inoltre il lavoro irregolare è particolarmente dannoso per i lavoratori dipendenti che svolgono mansioni pericolose, in quanto li espone alla mancanza di adeguate coperture assicurative, che sarebbero invece garantite in presenza di un contratto regolare.

Il lavoro sommerso risulta problematico sia perché si tratta di una forma di evasione fiscale e contributiva, sia perché riduce la capacità dei lavoratori di esercitare i loro diritti. Combattere il lavoro informale è quindi un obiettivo di policy rilevante, che però può essere raggiunto solo conoscendo a fondo il fenomeno. Per questo è importante misurarlo e comprendere dove è più diffuso, un esercizio qui realizzato attraverso i dati del Local Opportunities Lab.

Si può “vedere” il lavoro sommerso?

Il lavoro sommerso è di per sé un fenomeno elusivo e di difficile misurazione, poiché si basa su un accordo informale tra lavoratore e datore di lavoro. Sorge spontaneo chiedersi come sia possibile misurarlo. In questo breve articolo sono state comprate due fonti di dati: la Rilevazione sulle Forze di Lavoro ISTAT (di seguito dati RFL) e i dati sulle dichiarazioni dei redditi IRPEF (Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche) rilasciati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito dati MEF).

I dati RFL sono rilevazioni trimestrali realizzate dall’ISTAT e offrono informazioni dettagliate sulla situazione lavorativa di un campione rappresentativo della popolazione italiana. Vengono utilizzati per realizzare le statistiche ufficiali sulla forza lavoro, tra cui il tasso di disoccupazione e la percentuale di occupati sul territorio nazionale. Poiché si tratta di un questionario la cui anonimità è garantita dall’ISTAT, i dati RFL potenzialmente riportano informazioni anche riguardo rapporti di lavoro non regolari. I dati MEF sono aggregati a partire dai dati amministrativi delle dichiarazioni dei redditi, e riguardano l’universo dei contribuenti residenti in Italia.

Comparando i dati riguardanti i lavoratori dipendenti derivati dalla Rilevazione delle Forze Lavoro ISTAT con i dati amministrativi MEF di coloro che dichiarano redditi da lavoro dipendente, è possibile ottenere una stima dell’entità del lavoro dipendente sommerso. In particolare in questo lavoro è stata misurata la differenza tra:

  1. La media dei salari lordi di coloro che dichiarano di svolgere un lavoro alle dipendenze nel questionario ISTAT e la media redditi da lavoro dipendente dichiarati secondo il MEF.
  2. il numero di coloro che dichiarano di svolgere un lavoro alle dipendenze nel questionario ISTAT (calcolato usando i pesi di riporto all’universo della popolazione italiana) e il numero di contribuenti che dichiarano redditi da lavoro dipendente secondo il MEF.

La comparazione è realizzata sui dati aggregati al livello provinciale, il livello geografico più granulare disponibile per entrambe le fonti di dati.

Una stima del lavoro sommerso in Italia

In assenza di lavoro sommerso la differenza tra reddito medio lordo al livello provinciale indicato nei dati RFL e MEF dovrebbe essere zero. Tuttavia, nel 2017 tale discrepanza è stata positiva, ovvero i redditi da lavoro RFL hanno superato quelli dichiarati al MEF per una media di 1396 euro. Questa differenza potrebbe essere imputata all’errore che si commette comparando medie derivate da dati campionari, come quelli RFL, con medie calcolate utilizzando dati che riguardano un universo, come i dati MEF. Se le differenze tra dati RFL e MEF osservate fossero completamente dovute ad errori di misurazione di questo genere, la loro distribuzione geografica dovrebbe essere casuale, visto che i dati campionari RFL sono pesati per tenerne conto. 


Figura 1: Differenza nel reddito medio da lavoro dipendente tra dati RFL e MEF al livello provinciale, 2017

Fonte: Dati sulla Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL) e dati sulle dichiarazioni dei redditi IRPEF su base comunale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, 2017.

Note: La variabile presentata è stata calcolata come la differenza tra la media al livello provinciale dei redditi da lavoro dipendente calcolata con i dati RFL e la media al livello provinciale dei redditi da lavoro dipendente dichiarati al MEF ai fini fiscali. La media al livello provinciale dei redditi da lavoro dipendente derivata dalla RFL  è stata calcolata pesando i microdati con i pesi di riporto all’universo della popolazione italiana.

Invece dal punto di vista geografico, la differenza tra redditi totali e dichiarati è superiore nelle regioni del sud e centro Italia (figura 1), imputabili ad una più ampia diffusione di pagamenti al di là di quanto previsto dal proprio contratto di lavoro (informalmente detti “fuori busta”) oppure di lavoratori senza contratto regolare.

La provincia con la più ampia differenza positiva tra media dei redditi da lavoro dipendente indicati nel questionario RFL e media dei redditi da lavoro dipendente dichiarati al MEF è Vibo Valentia, dove i lavoratori guadagnerebbero in media 6374 euro lordi in più rispetto a quanto indicato in sede di dichiarazione dei redditi. La provincia di Milano invece registra la più ampia differenza negativa: i lavoratori dipendenti dichiarano nel questionario sulla RFL in media 4954 euro in meno rispetto a quanto dichiarato al MEF.  Se le differenze positive possono essere interpretate come una stima del lavoro sommerso, è più difficile dare un’interpretazione alle differenze negative. E’ possibile che molti lavoratori dipendenti che hanno redditi elevati tendano ad indicare nel questionario RFL un salario inferiore a quello effettivo, un fenomeno noto nella letteratura economica.

La distribuzione geografica osservata per le discrepanze nella media dei redditi lordi da lavoro dipendente si ribalta se consideriamo le discrepanze nel tasso di occupazione da lavoro dipendente (figura 2). Questa variabile è calcolata come la differenza al livello provinciale tra il totale di coloro che hanno indicato di avere un lavoro alle dipendenze nel questionario RFL[1] e il totale dei contribuenti che hanno dichiarato redditi da lavoro dipendente, diviso per la popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni nella provincia di residenza.


Figura 2: Differenza tasso di occupazione da lavoro dipendente tra dati RFL e MEF al livello provinciale, 2017

Fonte: Dati sulla Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL) e dati sulle dichiarazioni dei redditi IRPEF su base comunale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, 2017.

Note: La variabile presentata è stata calcolata come la differenza tra il totale al livello provinciale del numero di lavoratori dipendenti calcolata con i dati RFL e il totale al livello provinciale del numero di coloro che hanno dichiarato redditi da lavoro dipendente al MEF ai fini fiscali. Il totale al livello provinciale del numero di lavoratori dipendenti derivato dalla RFL  è stato calcolato pesando i microdati con i pesi di riporto all’universo della popolazione italiana.

Nelle province del Nord Italia il tasso di occupazione da lavoro dipendente calcolato con i dati RFL tende a superare quello MEF, mentre al Sud questa tendenza è invertita: il questionario RFL rileva meno lavoratori dipendenti di quanti dichiarano di lavorare alle dipendenze ai fini fiscali. La provincia dove si regista la più ampia differenza positiva tra tasso di occupazione dipendente RFL e MEF è quella di Verbano-Cusio-Ossola, dove raggiuge il 14.6%.  Al contrario la differenza più ampia è registrata nella provincia di Foggia, dove il tasso di occupazione RFL è inferiore a quello MEF di 16.2 punti percentuali.

Questo può essere dovuto al fatto che al Nord l’economia è più dinamica rispetto al Sud, ed il mercato del lavoro è in grado di occupare più persone sul totale della popolazione attiva, sia regolari che in nero. In tal caso ci aspetteremmo valori positivi al Nord e nulli al Sud. Tuttavia esiste un consistente numero di province per cui la differenza è negativa, ovvero ci sono meno persone che indicano di lavorare alle dipendenze nel questionario RFL di quante dichiarano redditi da lavoro ai fini fiscali. Queste differenze potrebbero essere imputate a fenomeni di migrazione interna. Potrebbero esserci lavoratori dipendenti che di fatto lavorano nel Nord Italia, ma hanno la propria residenza fiscale al Sud, dove dichiarano i propri redditi. Tuttavia in linea teorica questo non dovrebbe avere un effetto sull’analisi fin qui realizzata, visto che sia nei dati MEF che LFS il criterio geografico utilizzato per geo-localizzare i rispondenti è quello della residenza fiscale. Poiché i dati LFS sono raccolti tramite questionario, non si può escludere che siano liberi da errori, in particolare nel caso in cui il rispondente confonda residenza e domicilio.

È inoltre possibile che ci sia una differenza sistematica nel campionamento tra le regioni del Nord e del Sud, tale da sottostimare la popolazione residente al Sud e sovrastimare quella residente al Nord rispetto a quella effettiva. Per capire se i risultati ottenuti possono dipendere da questa distorsione è stata calcolata la differenza al livello provinciale tra il totale della popolazione 15-64 ottenuto pesando i dati RFL e il totale della popolazione 15-64 indicato dai dati demografici ufficiali dell’ISTAT. La figura 3 mostra che i dati RFL tendono a sovrastimare la popolazione 15-64, ma non c’è un gradiente geografico preciso. I dati RFL tendono a sovrastimare il totale della popolazione nelle province dove ci sono grandi centri urbani e a sottostimarla nelle aree montane.

In conclusione l’analisi realizzata suggerisce l’immagine di un paese in cui il lavoro dipendente sommerso presenta un forte gradiente geografico, correlato con la dinamicità del sistema economico al livello locale.

Nelle province del Nord, più sviluppate dal punto di vista economico, la diffusione del lavoro sommerso sembra essere più ampia rispetto al Sud, probabilmente a causa di tassi di occupazione generalmente più elevati. Allo stesso tempo nelle province del Sud si registra una più elevata evasione in media in termini di salario dichiarato rispetto al Nord. Questa evidenza suggerisce una più ampia diffusione dei così detti “fuori busta” al Sud, ovvero redditi corrisposti al di là di quanto indicato nel contratto di lavoro, ed è un possibile indice di difficoltà a sostenere il costo del lavoro da parte dei datori di lavoro.


Figura 3: Differenza popolazione di età 15-64 tra i dati RFL e ISTAT al livello provinciale, 2017

Fonte: Dati sulla Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL) e dati sulla popolazione italiana ISTAT, 2017

Note: La variabile presentata è stata calcolata come la differenza tra il totale della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni calcolata al livello provinciale con i dati RFL e il totale della popolazione tra i 15 e i 64 anni al livello provinciale registrata dai dati ufficiali ISTAT. Il totale della popolazione tra i 15 e i 64 anni derivato dalla RFL  è stato calcolato pesando i microdati con i pesi di riporto all’universo della popolazione italiana.

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